Legge elettorale, ecco il futuro post-Italicum: arriva da Linux

Bologna, 29 giu. (LaPresse) – Non un singolo voto, ma una gerarchia di preferenze. E’ così che funziona la legge elettorale di Debian, una delle distribuzioni Linux più diffuse del mondo. La comunità che sviluppa il software si è data una costituzione e una serie di istituzioni interne per governare quella che a tutti gli effetti sembra una repubblica del volontariato. La regola fondamentale infatti è che chi fa parte del progetto contribuisce a titolo volontario e non ne ottiene alcuna remunerazione. A raccontare il mondo Debian dall’interno è Stefano Zacchiroli, che n’è stato per tre anni project manager. “Ora sono tornato soldato semplice – dice -. Dopo un po’ bisogna passare la mano e tornare a zappare la terra”. Trentaquattro anni, insegna informatica teorica all’università a Parigi. Siamo all’Hackingmeeting, il raduno delle controculture digitali, che quest’anno si è svolto al centro sociale XM24 di Bologna.

LA LEGGE ELETTORALE. In Debian, racconta, il presidente della repubblica è il project leader. E per eleggerlo si usa un sistema piuttosto peculiare. Sulla scheda (ovviamente virtuale) non si esprime una sola scelta ma una gerarchia di preferenze. Del tipo: “Tizio è il mio preferito, subito dopo viene Caio. E Sempronio proprio non lo voglio, piuttosto mi astengo”. Poi un algoritmo elabora il risultato del voto, che esprime quanto di più aderente si può ottenere alla volontà collettiva della comunità.

LA DEMOCRAZIA DEL FARE. Nel progetto non c’è una piramide gerarchica. Il project manager ha l’ultima parola su tutto quello che riguarda il pacchetto di cui è responsabile (nel caso del browser, per esempio, la scelta della hompepage di default o delle opzioni di privacy predefinite). E non esistono figure superiori che possano imporgli qualcosa. L’unico modo che ha chi contesta una sua scelta di ottenere un cambio di direzione è quello di assumersi l’onere dell’intero pacchetto e di fare in prima persona il lavoro necessario. E’ la ‘do-ocracy’, cioè ‘il governo del fare’.

 

CONQUISTARE LA CITTADINANZA. Ma la cittadinanza non è scontata. Conquista il diritto di voto solo chi contribuisce fattivamente allo sviluppo di Debian. Non solo, ma deve anche condividere i valori fondamentali del progetto, a partire dalla difesa del software libero. “Qualche anno fa – racconta Zacchiroli – tra il ’98 e il ’99 una parte crescente degli sviluppatori cominciò a dirsi favorevole all’introduzione di software commerciali nella distribuzione. La situazione era pericolosa perché un voto assembleare avrebbe potuto rovesciare i principi del progetto. Il project leader allora sospese l’ingresso di nuovi sviluppatori, che fu ripreso solo dopo quasi un anno, con l’introduzione di regole più stringenti: da allora chi entra in Debian deve anche dimostrare un forte commitment verso il free software”.

UN MIGLIAIO DI SVILUPPATORI NEL MONDO. Attualmente il progetto Debian conta circa un migliaio di sviluppatori in tutto il mondo, la maggior parte dei quali concentrata tra Stati Uniti ed Europa. E’ il sisema operativo in assoluto più utilizzato sui server destinati ad ospitare siti internet. “Il nostro lavoro – spiega ancora l’esperto – raggiunge un numero di persone molto più ampio dei nostri utenti diretti”. Delle circa 240 distribuzioni Linux principali attualmente disponibili, approssimativamente la metà è derivata da Debian. Ubuntu, per esempio, che è di gran lunga la più nota e diffusa, è composta all’80% di pacchetti Debian senza modifiche, al 10% di software Debian modificato e solo per un altro 10% di pacchetti realizzati nativamente per Ubuntu.

fonte:http://www.lapresse.it/

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